sabato 31 dicembre 2016

Lavoro. Come disinnescare l'arma finale piazzata dalla Cassazione al cuore dei diritti dei lavoratori . Renino & Partners Avvocati chiama alla mobilitazione.

dell'Avvocato Ciro Renino

Allarme !! E' noto la Suprema Corte con la sentenza 25201 del 7 dicembre 2016 ha sganciato l'arma finale non solo minacciando di nuclearizzare i diritti dei lavoratori , ma anche minando la razionalità stessa del sistema dei licenziamenti italiani.
Occorre rimediare ! 
Renino & Partners Avvocati propone una ricetta tecnica ed una organizzativa. 
Passiamo in rassegna la panoplia che residua nell'arsenale dei difensori .

1) Difetto di veridicità e pretestuosità del licenziamento - La stessa Cassazione lascia aperta questa chance di impugnazione che certo potrà essere utilizzata per tutti i vecchi licenziamenti . difficile trovare qualche licenziamento in cui il datore di lavoro, semmai con onestà, abbia dichiarato che la risoluzione è fondata sulla necessità e la volontà ( in sè legittima)  di ottimizzare il sistema produttivo. 

2) Principio di correttezza e buona fede - Informa l'intero sistema dei rapporti contrattuali e certo anche i rapporti di lavoro. La necessità di ottimizzare il profitto dovrà essere sottoposto ad un vaglio di credibilità. Ogni licenziamento comporta in sè il maggior profitto ( uno stipendio in meno ) ed una struttura più agile . Ed infatti un lavoratore in meno comporta , in qualsiasi organizzazione produttiva, la perdita di complessità e quindi l'acquisto di una maggiore " agilità " . Per cui il presupposto del " maggior profitto " in ottica interpretativa costituzionalmente orientata, deve necessariamente consistere in un aliquid che non può coincidere con il risparmio e la snellezza che meramente e obbligatoriamente conseguono ad un licenziamento . Si dovrà trattare comunque di un " piano industriale" verificabile obiettivamente , pur rimanendo impermeabile al vaglio di opportunità. 

Sul piano organizzativo  Renino & Partners Avvocati lancia un progetto : " Giuristi a raccolta ! Come disinnescare la mina della sentenza di Capodanno della Suprema Corte". 
Un invito rivolto a Giuristi che hanno a cuore gli equilibri ed il sistema di garanzie che ancora sopravvivono nel diritto del lavoro italiano.

*Titolare di Renino & Partners Avvocati

venerdì 30 dicembre 2016

Batosta per i lavoratori ! La Cassazione: " Si al licenziamento , se serve ad aumentare il profitto dell'azienda"

dell'Avvocato Ciro Renino

La Suprema Corte di Cassazione rende possibile il licenziamento laddove il motivo sia l'aumento del profitto del datore di lavoro . 
Con la sentenza del 7 dicembre 2016 è stato infatti riconosciuta la legittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo di un dirigente di resort di lusso che aveva proceduto alla risoluzione del rapporto di lavoro anche senza che vi fosse dissesto economico ed unicamente per ottimizzare i profitti aziendali
Il dipendente aveva perso la causa di primo grado, ma la Corte d'appello di Firenze gli aveva dato ragione, riconoscendogli il diritto alle 15 mensilità.

Ora la causa torna al Giudice di secondo grado, in diversa composizione, che dovrà emettere nuova sentenza sul merito della questione tenendo di conto queste indicazioni della Suprema corte. 

«Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della I. n. 604 del 1966, l’andamento economico negativo dell’azienda - afferma la Cassazione - non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, tra le quali non è possibile escludere quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell’impresa, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa».

IL SALVAGENTE !

Infine però la Suprema Corte di Cassazione lancia un salvagente al lavoratore licenziato.

«Ove però il licenziamento sia stato motivato richiamando l’esigenza di fare fronte a situazioni economiche sfavorevoli ovvero a spese notevoli di carattere straordinario ed in giudizio si accerti che la ragione indicata non sussiste, il recesso - conclude la massima di diritto della Suprema Corte - può risultare ingiustificato per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità e sulla pretestuosità della causale addotta dall’imprenditore» 

Se cioè il datore di lavoro non ha detto la verità e cioè , pur essendo l'azienda florida , ha motivato il licenziamento sulla scorta di un inesistente stato di dissesto, in questo caso, c'è la possibilità di poter comunque dedurre l'illegittimità della risoluzione del contratto di lavoro.

mercoledì 14 dicembre 2016

Ingiuria : la depenalizzazione non salva dalla condanna al risarcimento del danno



dell'Avvocato Ciro Renino *

Come è noto con il   Decreto Legislativo n. 8 del 2016 si è provveduto tra l'altro alla depenalizzazione del reato di ingiuria , divenuto così un illecito amministrativo . La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 25062 del 2016 ha trattato il particolare caso di un cittadino già condannato in primo grado per il reato di ingiuria ed ancora condannato per questo stesso motivo a risarcire la vittima del danno patito e delle spese di giudizio.
I Supremi Giudici hanno precisato nella sentenza qui sopra indicata che in questo caso , promosso l'appello , l'imputato dovrà certo essere assolto per l'abolitio criminis , ma sarà comunque tenuto al risarcimento del danno ed alle altre obbligazioni di natura civile che nascono dalla condanna pronunciata dal Giudice di primo grado.
Nel caso di specie , l'imputato era stato ritenuto colpevole per il reato di ingiuria poichè perchè "offendeva il decoro e l'onore di B.P., proferendo più volte la parola "infame"".

*Titolare di Renino & Partners Avvocati